In questa guida spieghiamo come funziona il DDT per beni in omaggio.
Il documento di trasporto ha sostituito a partire dal 1996 la vecchia bolla di accompagnamento e consiste in un documento che descrive sul piano quantitativo e qualitativo le merci trasportate da un luogo all’altro e che ne indica la causale, oltre che gli estremi identificativi del mittente, del destinatario e del vettore. Si tratta sostanzialmente di un documento che rende possibile comprendere subito a chi effettua i controlli la ragione per cui una partita di merce viene movimentata tra due luoghi, oltre che di cosa si tratta precisamente. Siamo soliti pensare che il trasporto debba avvenire dalla sede aziendale di una società venditrice a quella di un cliente, ma non sempre è così. Può benissimo accadere, per esempio, che la merce venga trasportata dal magazzino a un’altra sede della stessa azienda, ma ugualmente chi effettua la spedizione è tenuto a redigere il Ddt.
Non è quindi detto che il trasporto debba avvenire per ragioni connesse alla vendita. Potrebbe semplicemente essere legato alla spedizione di prodotti in omaggio, come nel caso in cui si mettano in atto campagne pubblicitarie o di marketing. In linea generale, un bene in omaggio, ovvero una cessione gratuita, rappresenta un’operazione soggetta ad IVA ai sensi dell’art.2, comma 2, n.4, del D.P.R. n.633/1972. Dunque, chi cede il bene gratuitamente deve, come avviene ordinariamente, scaricare l’imposta sul valore aggiunto pagata all’atto del suo acquisto o legata alla produzione del medesimo, nel caso in cui il prodotto sia stato costruito internamente. Successivamente, all’atto della cessione dovrà ugualmente applicare l’IVA, anche se nel concreto questa non sarà sostenuta dal cliente, il quale avrà ricevuto il bene, per l’appunto, in omaggio. Potrebbe sembrare assurdo, ma la logica dietro a queste previsioni sta nel minimizzare i casi di possibili abusi. Se non dovessi mai applicare l’IVA sulle cessioni gratuite, infatti, potrei simularne in quantità infinita, quando si tratterebbe a tutti gli effetti di cessioni a titolo oneroso.
Per fortuna, il comma 3, lett. d) dello stesso decreto consente all’imprenditore un’eccezione rispetto alla regola generale. Per fare in modo che ciò risulti possibile, dovranno sussistere le seguenti tre condizioni, le cessioni devono avvenire a titolo gratuito, i beni ceduti devono essere appositamente contrassegnati e i campioni devono essere di modico valore.
Si fa presente che la cessione del campione gratuito deve rientrare all’interno di una campagna volta a stimolare le vendite del prodotto stesso, ovvero a renderlo conoscibile ai potenziali clienti, attraverso anche una prova o verifica tecnica. In sostanza, si deve trattare di un’azione volta alla futura commercializzazione del bene stesso. Pertanto, non rientrano tra i campioni gratuiti esenti ai fini IVA quei beni offerti da un’azienda per azioni di pura liberalità, come avviene quando, per esempio, si cerca di migliorare la propria immagine, regalando ai clienti un prodotto, che non è in futuro oggetto di commercializzazione. Questi prodotti devono essere classificati, infatti, come spese di rappresentanza, deducibili o meno in base all’importo inferiore o superiore ai 50 euro.
Come detto, deve anche risultare la dicitura che spiega come il campione sia gratuito e non vendibile, anche se non ne esiste una formale, legale, essendo sufficiente che la scrittura risulti indelebile. Quanto, poi, all’importo modico, il Ministero dell’Economia ha spiegato che bisogna rimandare agli usi commerciali, per cui la soglia limite varia di prodotto in prodotto e non è nemmeno legata al valore del bene commercializzabile dell’azienda.
Infine, quanto al Ddt, si fa presente che un campione gratuito, non essendo soggetto all’applicazione dell’IVA, non richiede l’emissione del documento obbligatoria. Tuttavia, al fine di vincere la presunzione contro l’ipotesi di cessione a titolo oneroso, si consiglia ugualmente di provvedere alla redazione del Ddt, evidenziando, ai sensi dell’art.2, comma 3, lett. d), del D.P.R. n.633/1972, la non imponibilità.